MARCELLO FLORES

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Marcello Flores, storico italiano, noto studioso di genocidi è nato a Padova nel 1945. Ha insegnato Storia comparata e Storia dei diritti umani nell’Università di Siena, dove ha diretto il Master europeo in Human Rights and Genocide Studies, e nell’università di Trieste. Fa parte del Comitato per la pubblicazione dei documenti diplomatici italiani riguardanti l’Armenia e del Comitato scientifico e del Comitato editoriale di “Storia della Shoah. La crisi dell’Europa, lo sterminio degli ebrei e la memoria del XX secolo” (Utet) di cui sono usciti sei volumi. Sempre per la Utet ha curato l’opera in sei volumi “Diritti umani. I diritti e la dignità della persona nell’epoca della globalizzazione”, uscita nel 2007. Dal 2012 è direttore scientifico dell’Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia.

Tra le sue ultime pubblicazioni: La forza del mito. La rivoluzione russa e il miraggio del socialismo, Feltrinelli, Milano, 2017; Il secolo del tradimento. Da Mata Hari a Snowden 1914-2014, il Mulino, Bologna, 2017; Traditori. Una storia politica e culturale, il Mulino, 2015; La fine del comunismo, Bruno Mondadori, Milano, 2011; Storia dei diritti umani, il Mulino, Bologna, 2008;1917. La rivoluzione, Einaudi, Torino, 2007; Tutta la violenza di un secolo,Feltrinelli, Milano, 2005; Il secolo-mondo. Storia del Novecento, il Mulino, Bologna, 2001.

Dal 2008 è membro della International Association of Genocide Scholars e ne ha organizzato a Siena il X Congresso biennale (19-22 giugno 2013: The Aftermath of Genocide).

Le pubblicazioni di Marcello Flores sul genocidio armeno

Il genocidio degli armeni, il Mulino, Bologna, 2006, ripubblicato nel 2015 in versione aumentata e aggiornata;

Flores prende le mosse dal declinare dell’impero Ottomano nell’Ottocento, dalle posizioni delle potenze europee sull’area, dal sorgere anche nei territori ottomani di istanze nazionaliste, per mostrare come già sul finire del secolo il governo ottomano metta in opera sanguinose persecuzioni contro gli armeni; e come poi attraverso le crisi d’inizio secolo, come la perdita dei territori balcanici, la Turchia viva una radicalizzazione nazionalista che, con lo scoppio della Grande Guerra, porta alla decisione di deportare e sterminare gli armeni. Fra aprile 1915 e settembre 1916 centinaia di migliaia di armeni vennero uccisi. Flores ricostruisce analiticamente il processo.

La prefazione a Arshavir Shiragian, Condannato a uccidere, Guerini e Associati, Milano, 2005;

Di capitale in capitale, di treno in treno, di servizio segreto in servizio segreto, pochi uomini si lanciano sulle tracce dei maggiori responsabili del genocidio armeno per giustiziarli. Arshavir Chiragian è uno di essi e racconta la sua storia: la caccia e l’esecuzione dell’ex primo ministro del governo dei Giovani Turchi a Roma e, a Berlino, dell’ideologo del movimento, entrambi in testa alla lista nera. La storia vera di quei sopravvissuti che, dopo aver visto amici e parenti decimati e tutti i colpevoli rilasciati, decidono di farsi giustizia da soli.

Un libro coinvolgente, dove la vita di un singolo uomo, con le sue paure, i suoi amori, le sue esperienze, si mescola con forza alla grande Storia.

Operazione Nemesis. Saranno i militanti della Federazione Rivoluzionaria Armena a mettersi sulle tracce dei massacratori per trasformarsi da sopravvissuti a giustizieri. Shiragian è uno di loro e la sua testimonianza dà vita a un racconto coinvolgente, dove l’esperienza di un singolo uomo si mescola con forza alla grande storia.

Il saggio Storia e giustizia nel genocidio armeno in Martina Corgnati e Ugo Volli (a cura), Il genocidio infinito. 100 anni dopo il Metz Yeghérn, Guerini e Associati, Milano, 2015;

«Il non aver riconosciuto la propria colpa porta il popolo dei carnefici non pentiti a continuare a odiare i discendenti delle vittime, a cercare di cancellarli ancora, perché la loro memoria è ciò che determina il disturbo profondo della sua identità, ne sporca la storia e la memoria».
Dopo il genocidio, quindi, il negazionismo: ancora oggi prosegue la volontà di annientare il popolo armeno, la sua storia, la sua cultura, perfino i suoi monumenti e le sue ultime tracce. Ma se alle vittime è negato dalle autorità turche anche solo il riconoscimento della sofferenza patita, spetta a chi non ha subito quello spaventoso crimine, a una parte terza, fare un atto di memoria e ricordare a tutta l’umanità l’urlo senza fine che arriva dal Metz Yeghérn, il Grande Male. Questo libro è un momento di tale testimonianza, presentato da un gruppo di intellettuali, che vogliono ricordare cosa accadde agli armeni. Perchè la memoria è uno degli strumenti più potenti che le vittime possono usare per negare ai carnefici la vittoria del silenzio.

Il saggio Uno sguardo storico sul genocidio degli Armeni in A cent’anni dal genocidio armeno. La storia di una rinascita, Skira, Milano, 2015;

Nell’anno del centesimo anniversario del genocidio del popolo armeno, un libro che ricorda un evento abnorme che, a pochi passi dall’Europa, fece un milione e mezzo di vittime innocenti per lo più nel silenzio della comunità internazionale tutta. Pagine intense, scritte da autorevoli rappresentanti del mondo culturale italiano: Marcello Flores ricostruisce in modo documentato gli anni del genocidio a partire dalla dichiarazione del 24 maggio 1915 in cui le potenze Alleate condannavano i massacri di armeni in corso nell’Impero Ottomano. Antonia Arslan, a partire dalle proprie memorie di bambini affascinata dai racconti del nonno armeno, ci regala un affresco terribile quanto vero di come il genocidio armeno abbia fatto “scuola” aprendo la stagione della follia nazionalista del Novecento. Gian Antonio Stella ci parla di Armin Wegner, lucido testimone oculare del genocidio anche a rischio della sua stessa vita. Dei giusti ottomani, come Armin Wegner, ci parla nel suo intervento il console onorario dell’Armenia a Milano, Pietro Kuciukian mentre Agop Manoukian conclude con un interessante saggio sul ruolo dell’Italia a partire dal lavoro di denuncia dei massacri che svolsero i consolati italiani nell’Impero Ottomano, segnatamente con il console Giacomo Gorrini, passando poi per la straordinaria prova di accoglienza dei profughi che l’Italia ha saputo svolgere alla fine della Guerra.

Il saggio Il genocidio armeno tra storia e giustizia in Antonia Arslan, Francesco Berti, Paolo De Stefani (a cura), Il paese perduto. A cent’anni dal genocidio armeno, Guerini e Associati, Milano, 2017.

Nato dal Convegno internazionale sul genocidio armeno tenutosi all’Università di Padova nel 2015, il volume intende offrire un approccio interdisciplinare sul primo genocidio del xx secolo. Nella prima parte (Politica e storia), vengono esaminate questioni che sono al centro del dibattito storiografico: il carattere intenzionale dello sterminio degli armeni ottomani, il significato politico della negazione turca del genocidio (passata e presente), i tratti ideologici del Comitato di Unione e Progresso, il ruolo della Russia, la dimensione religiosa, le interpretazioni della parabola dei Giovani turchi e del genocidio offerte da personaggi contemporanei, come Toynbee e Mandelstam, o il politico cattolico italiano Filippo Meda, l’opera di soccorso ai superstiti prestata dall’attivista armeno Ruben Eryan.
Nella seconda (Diritto e memoria) viene affrontato l’intricato rapporto tra la memoria storica del genocidio, la classificazione giuridica del crimine e la tutela giudiziaria delle vittime.
I diversi punti di vista riportati nel volume riflettono i nodi intorno a cui vertono questioni ancora lontane dal trovare un consenso unanime. Come si pone l’Unione europea di fronte al negazionismo turco? Quali sono i limiti della definizione di genocidio? In che senso il perseguimento del negazionismo come crimine infrange il confine tra il giudice e lo storico? Può d’altronde il negazionismo essere considerato una forma di prosecuzione del genocidio stesso? Quali sono le forme di riparazione che gli armeni possono ancora esigere dalla Turchia?
La religione come memoria collettiva, la questione armena in Germania, il recupero delle immagini del genocidio armeno e l’«istituzionalizzazione» della figura del «giusto» sono i temi affrontati nell’ultima parte del volume.

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