CESAR BALABAN

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Nota biografica

Cesar Balaban, è nato nel 1950 ad Aleppo, in Siria, da una famiglia di origine armena sopravvissuta al genocidio del 1915.

Ha frequentato dal 1955-57 la scuola materna armena Haygazian ad Aleppo e dal 1957-59 la scuola elementare armena Haygazian Varjaran.

Ha requentato l’American Aleppo College dal 1963-69, dove ha ottenuto diploma di “High School” nel 1968 e “Baccalauréat Scientifico” nel 1969.

Trasferitosi nel 1969 in Italia, con l’intenzione di raggiungere in seguito gli Stati Uniti, non prosegue il viaggio, ma decide di completare gli studi di medicina a Parma e a Milano, conseguendo la specializzazione in chirurgia.

Cresce fra tre culture diverse: quella armena della sua famiglia, quella araba della nazione-natale e quella americana della scuola che ha frequentato.
Grazie alla moglie italiana e alla sua lunga permanenza in questo paese, può considerare l’Italia la sua patria adottiva, nonché la sua quarta radice culturale.

Nel 1975 si è laureato in medicina dall’Università di Milano.
Nel 1981 ha ottenuto la specialità in chirurgia generale dall’Università di Parma, essendo stato Chirurgo universitario dal 1976 al 1981 e Chirurgo ospedaliero dal 1981 al 2009.

Ha assunto il ruolo di vice primario e tutor per gli specializzandi in chirurgia dal 1995 al 2009.

Dopo una vita trascorsa nel pragmatico mondo della chirurgia, si è dedicato ad un’immersione amatoriale nel mondo fantastico dell’arte: la scrittura e la pittura, convinto del fatto che l’arte nelle sue varie forme sia uno strumento per comunicare agli altri i nostri stati d’animo e le nostre sensazioni. È sufficiente usare la parte non dominante del cervello, quella illogica ma creativa; pertanto, scrittore e pittore dal 2009.

Scrive il libro “Senza Patria” dove si racconta la storia di un Armeno di Aleppo.

Sceglie la tecnica dell’acquarello impressionistico per il suo carattere spontaneo e poco accademico. Insegna acquarello impressionistico, e partecipa a mostre internazionali di acquarello.

Si dedica alla divulgazione della storia armena e alla trasmissione della realtà del genocidio armeno con tutti i mezzi possibili.

Un commento della stampa al libro di Cesar Balaban “Senza Patria”

Una famiglia e un popolo, alla ribalta della Storia.
La narrazione che si snoda in questo libro di Cesar Balaban, che sarebbe limitante chiamare sia romanzo sia storia autobiografica, assomiglia alla tessitura di un tappeto orientale, composto da ventiquattro capitoli come perfetti riquadri. O, se vogliamo accentuare l’aspetto fiabesco di cui spesso sono intrise le storie provenienti dal Vicino o Lontano Oriente, come una lanterna magica dalle molte figurine che s’avvicendano. Sono molti dunque gli aspetti che compongono questo romanzo, di grande valore sia come testimonianza che come narrazione, il primo dei quali è il messaggio che l’autore credo ci voglia offrire: e cioè che, al di là dei contrasti di popoli, etnie, religioni, la mescolanza comunque significa ricchezza. Mi piace però in questa sede soffermarmi su un aspetto che forse non balza agli occhi immediatamente, e cioè la grande importanza che “i dialoghi”, il parlato, lo scambio, rivestono nella narrazione.  Il protagonista bambino è intento ad andare a ritroso alla propria storia, che è anche la Storia di un popolo, e lo fa investigando i due rami dei nonni paterni e materni, e i suoi personali ricordi di ascolto delle conversazioni tra gli adulti. Attraverso il suo sguardo, ora candido e infantile, ora più smaliziato, la narrazione assume a tratti gli accenti surreali e gustosi di una commedia popolare (oserei dire, alla De Filippo). Questo avviene grazie appunto a dialoghi e battibecchi dai tempi tecnici perfetti, in cui gli attori giocano ognuno un ruolo ben preciso. Quindi abbiamo la figura del nonno paterno pragmatico e mercantile, della nonna materna dolcissima e avvolgente, dall’altra nonna, la formidabile Arussiagh la cui parola era legge, dello zio Levon destinato a rompere l’equilibrio degli schemi familiari, dello straordinario padre, rispettato per la sua sagacia dai musulmani dell’Eufrate e della stessa Aleppo, della madre tenera e intelligente… La sensazione di essere coinvolti in una pièce di teatro, o che potrebbe diventare tale, viene accentuata dalla minuzia nel descrivere gli ambienti domestici  – mobili, cuscini, lampadari, profumi… – che servono da quinta alla scena, ma anche altri ambienti  ugualmente affascinanti, come l’hammam o il mercato delle stoffe di Aleppo. La Storia, abile regista, affastella i suoi oggetti di scena, mette in campo i suoi scambi tra le voci recitanti. Tutto, cose e persone, risulta intriso ed investito dalla luce della memoria e dell’affetto familiare, e dalla consapevolezza che la terra di origine, l’Armenia, è sì magica, come in una fiaba o in un teatro, ma anche poco conosciuta, drammatica e dolorosamente lontana. E che va riconquistata e fatta conoscere anche con un libro: questo. Cesar Balaban c’è riuscito, e a lui va il nostro grazie.

MEDICO CHIRURGO

L’ARMENIA

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